Gabriele Turola: CV

Gabriele Turola (Ferrara 1945 – 2019)

Ha frequentato il Liceo Classico “L. Ariosto” e l’Istituto d’Arte “Dosso Dossi” di Ferrara. Per merito del padre Bruno, ha incontrato De Chirico, Morandi, Annigoni, Guidi, Saetti e Carlo Levi.

Dalla metà degli anni ’60 ha abitato in montagna vivendo un rapporto ancestrale con gli alberi, gli animali, le pietre, i ruscelli, ne ha studiato i segreti, ha percepito la spiritualità e la forza magica della Natura. Quando camminava con passo leggero nei prati o nei boschi con i piedi accarezzava il muschio e l’erba, sentiva che la terra era viva, ne avvertiva i fremiti. Quando si chinava per dissetarsi ai ruscelli posava le labbra sull’acqua e la baciava prima di berla. Dormiva in una stanza con la finestra aperta, affacciata sul ciglio del prato, il suo sonno era cullato dal canto degli usignoli, dalla sinfonia delle cascate, gli sembrava che il suo letto uscisse per la finestra e navigasse nel firmamento diretto verso la luna.
Anche d’inverno passeggiava per i boschi per ore e ore, spostandosi da un paese all’altro come se avesse gli stivali delle sette leghe, quando era stanco si coricava sulla neve simile a un soffice cuscino senza avvertire freddo, scaldato dall’abbraccio della montagna, per ristorarsi mangiava manciate di neve fresca e deliziosa come panna. Viveva in una fattoria presso una vecchietta che lo accudiva e lo nutriva chiedendogli ogni giorno se volesse per pranzo carne di gallina, di coniglio o di capretto, gli animali che là vivevano. Il pittore pensando che queste creature gli erano amiche, rifiutava ogni volta di cibarsene preferendo mantenerle in vita. Così è diventato vegetariano, seguendo tale comportamento per venti anni.

Una volta una coniglia della fattoria è salita nel suo letto e ha partorito durante la notte al suo fianco. Il pittore si è svegliato trovando ai piedi del letto una cucciolata di teneri coniglietti. L’amore per la Natura gli ha consentito di vivere quelle esperienze che ben conoscevano i discepoli di Pitagora. E’ riuscito a ritrovare l’armonia originaria, quella che l’uomo ha perso a causa della civiltà.

Un giorno è salito su un monte, camminava lungo un sentiero cosparso di pietre, ad un tratto una vipera è sbucata da un anfratto e ha attraversato il sentiero strisciando sulle scarpe del pittore, passandogli davanti come se niente fosse, senza nemmeno alzare lo sguardo o cercare di morderlo, subito dopo altre due vipere hanno seguito lo stesso rito. Vicino alla fattoria si trovava un grosso cane nero, tenuto sempre chiuso dentro un recinto, era temuto da tutte le persone per il suo carattere feroce. Una sera, mentre rincasava, il pittore, spinto da un’ispirazione segreta, ha scavalcato la rete, è entrato nel recinto, subito il cane nero gli è corso incontro, lo ha leccato, entrambi si sono abbracciati, hanno lottato scherzosamente come due vecchi amici.

Ritornato a Ferrara, nella solitudine di questa città metafisica, il pittore ha iniziato a rappresentare il mistero dell’uomo attraverso favole, miti, leggende, sogni, tradotti in colori accesi. Anche addentrandosi nei percorsi dell’arte e delle Avanguardie ha scoperto i sensi di una filosofia naturale; i pennelli e i colori gli hanno permesso di captare le vibrazioni magiche che vagano nell’aria.

Nel 1992 ha pubblicato il libro di poesie: La voce delle cose. Sempre nello stesso anno ha conosciuto Lisa Ponti intrecciando un rapporto di amicizia ricco di stimoli. Ripetutamente ospitato nella sua casa di via Randaccio a Milano, simile a un castello incantato, costruito negli anni venti dal padre Gio Ponti, ha partecipato a feste favolose, scambi di opinioni con artisti provenienti da ogni parte del mondo.

Nel 1993 ha iniziato ad esporre presso la galleria milanese di Franco Toselli, grazie ai suoi preziosi consigli e grazie ai grandi Maestri di cui ha ammirato le opere da vicino o che ha conosciuto di persona, gli si sono aperti nuovi orizzonti. Ha scelto come guide ideali Nicola De Maria e Gino De Dominicis, pittori cosmici del sole e della notte.

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